LE INTERVISTE SONO AGLI ITALIANI CHE RICOPRONO RUOLI ISTITUZIONALI,
A QUELLI CHE RAPPRESENTANO LA SOCIETÀ E A CHI È UN "COMUNE CITTADINO" ...
PER TUTTO QUESTO SIAMO " ORGOGLIOSI DI ESSERE ITALIANI"

Il Presidente Licata: le origini di Malocello

1312 Scoperte le “Isole Fortunate”

Longobardi, Spinola, Visconti, Malocello……. Tra l’ottavo secolo e l’Anno Mille si muovono nella penisola italica figure, armature, eserciti, buoni propositi, fede, abiure, conquiste. S’innalzano palazzi, castelli, ci si distingue con stemmi, con Codici Miniati, si respira il primo polline magico del Santo Graal; s’attenua il dolore dell’esistenza con cantori privati, premessa logica dell’amor cortese e della letteratura cavalleresca. Si fortifica il mondo in uno scenario di forza e di deboli certezze. Il Santo Sepolcro chiama. I saraceni allarmano il vicino Oriente e il mare chiuso del Mediterraneo. Desiderio, ultimo re dei Longobardi, è già entrato nella storia scritta,e questo grazie alla sensibilità di Paolo Diacono. Popoli già con il sigillo della Storia addosso si muovono dalla Marca tedesca al Ducato di Spoleto ed a quello di Benevento. L’Italia è sommamente longobarda , gli alleati non mancano e proprio con le propaggini estreme dei Longobardi stringono legami. Il valore si decreterà all’istante, una fortificazione ben fatta, il coraggio esposto sulle mura o in mare aperto ed ecco allora la gemmazione con gli ultimi cromosomi Longobardi. Ecco allora che nella penombra della Storia affiorano nomi  come gli Spinola , i Visconti, i Malocello. E saranno proprio queste famiglie a decretare politica e indirizzi non soltanto nelle regioni di cui diverranno signori. In verità, influiranno anche negli affari “fuori le mura”, con il Papato ad esempio, e con l’imperatore. Si sono citati i Longobardi ma esiste una lontananza ulteriore ed essa, almeno secondo Massimiliano Deza, gran compilatore del secolo XVII, propone addirittura Carlo Magno come cellula staminale di quello che andrà a comporsi e che è stato poco sopra sfiorato. Il rigore del Giustiniani e del Deza – tra i due ci passa poco più d’un secolo – risulta, spesso, entusiasmante anche se si può trattare, spesso, di notizie prese/ apprese da un resoconto orale, magari ascoltate sotto un portico oppure in una Loggia;o ancora effetto delle consuetudini. Quando pure accade che spuntano resoconti notarili, ebbene, sembra che tutto quanto fino ad allora detto possa contare, finalmente, su fondamenta solide. Sono quegli attori a sostenere l’architettura: la mano del notaio, la presenza dei contraenti, l’atto. Visconti, Spinola, Malocello. Cosa si sa di questi? E da quando il loro nome ha riscontro nella Storia? Addentriamoci lentamente come superstiti d’una battaglia attorno all’Anno Mille quando i fumi stanno diradandosi e, tra lamenti, smorfie, disperazioni, sangue e illimitate angosce, restano ancora brandelli di vita. Il documento ufficiale è quello riferibile all’anno 952. Parliamo del tempo di Ottone I Re di Germania e imperatore d’Occidente, divenuto proprio nel 952 anche Re d’Italia e incoronato a Pavia dopo aver scacciato Berengario. Volendo Ottone I remunerare i suoi più valorosi Capitani, esaltò al governo della città di Genova Guido (Guidone) dei Signori della Marca, detto anche “Il Grande”. Costui era figlio di Adolfo, che fu il primo conte della Marca, e di Altena. Al valoroso Guido furono assegnati alcuni feudi in Lombardia. Non secondario il fatto che, alla fine, fu nominato Visconte della Liguria, circostanza confermata da un Instrumento del Vescovo Teodolfo proprio in quel magico anno 952. In tale Instrumento, Guido viene menzionato con il proprio nome seguìto dal titolo di Visconte, titolo paragonabile, in futuro, a quello di Viceré. Tale titolo sarà da considerarsi a vita. Questo Instrumento è chiaro, accessibile e apprezzabile nella sua forma originale. Ma il fatidico anno 952 riappare anche in un’opera di Giovanni Cybo-Recco, studioso vissuto nel XVI secolo, e dunque risulta come reperto secondo rispetto alla fonte primaria, propria del Vescovo Teodolfo. Il lavoro del Cybo Recco, ha la sua giusta collocazione e precisamente il Manoscritto della R. Università di Genova, pag. 15,facc. II. Inoltriamoci nella storia ricostruita dal Cybo-Recco: Haec est illa clarissima familia Spinola quae ortum habuisse dicitur a Guidone Vicecomite, ut ex eorum arboribus antiquissimis in pergamena scriptis vidi. Vidique etiam in quodam antiquissimo libro scripto manu Matthaei de Santo Laurentio Notarii, anno 1265, extracto a propriis originalibus instrumentorum, et sententiarum omnium annuorum censuum abbatiae S. Syri ad instantiam Domini Matthaei de Placentia abbatis, ut idem Matthaeus de S. Laurentio testificatus fuit, quod anno noningentesimo quinquagesimo secundo a nativitate Jesu Dei nostri, tempore Teodulphi episcopi genuensis, quo in tempore regnabat Ottonus Italiae Rex, et primo anno sui regni, Episcopus ipse restitui fecit a quodam presbytero Sylvestro quamdam terram vineatam sitam inter ecclesiam Sancti Syri, et castelletum, dicto Abati S. Syri, et in confinia dedit vineam Idonis de Vicecomite usque in castello, signatumque erat, et est dictum instrumentum, sive laudum signatum manu dicti Teodulphi episcopi, sicut Baldi Archipresbyteri, et Iohannis de Cardine diaconi. A quo Idone atque Guidone, Spinulae ipsi dicunt originem trahere, ut in praedictis arboribus scriptum vidi, et a senibus intellexi. Ipsi enim Spinulae ajunt solum super quo jam constructum fuerat castelleti castrum, jure dominii sibi ipsis pertinere, ut ex pubblisis scriptis apparere dicunt. Dicunt etiam ipsum Guidonem plures habuisse filios, et in procopera, quod plures agros possedisse, ex quibus filiis fuere de illis qui vocari se fecerunt de carmendino, quia in haereditatem habuere agrum illum sive burgum vocatum carmendinum; pars autem aliorum filiorum vocati fuerunt maliaucelli, qua de re ignoratur, sed putandum est ab aliquo agnomine capta, ut antiquis temporibus utebatur; pars autem cognomen proprium de vicecomite retinuerunt, inter quos Obertus major natu filius dicti Guidonis, et ut Augustinus Iustinianus in sua Chronica scripsit, quod Obertus ipse anno 997 una cum Indone de Carmandino aedificari fecerunt ecclesiam Sanctae Mariae de Vineis. Ex dicto Oberto, vel potius meo judicio ex filiis suis, successit Belus de Vicecomite, qui ut in praenarratis arboribus vidi, filios duos habuit Guidonem et Obertum primos Spinulos vocatos; et ut idem Augustinus refert, quod nomen Spinulorum successit, quia opulenti erant in valle illa porcifera, et quando amici ad eos et agros suos accedebant, ut semper accepi a patribus nostris, mos genuensibus fuisse, sicut nunc est, ut amici propinquique hinc inde ad alterius domos in perhumanis congressionibus, conviviisque amicabiliter accedebant, et accedunt, ibique blandiendo in conviviis dicebant deprome de hac vel altera segete vini, quod vulgari nostro idiomate dicebant Spinola quella botte ex hac enim consuetudine dicunt, et communis opinio apud omnes hucusque perseveravit familiam ipsam hortum habuisse.  (…) “pars autem aliorum filiorum vocati fuerunt maliaucelli”. Questa frase, apparentemente esile, s’impone sul testo del Cybo-Recco perché densa di significati per lo studio che qui si è voluto intraprendere. Scenario germanico e italico: Ottone I e Berengario allo scontro. A proposito di Berengario, sentiamo il Deza: “Era tra questi il più fiero, e potente il Marchese Berengario, che circa gli Anni della nostra Redenzione novecento quarantacinque, co’ latrocinij, e con le stragi, si fece così formidabile al Mondo, che Ugone, Re d’Italia, per coprire i suoi Stati dalle violenze di così atroce nemico, giudicò necessario confederarsi co’ Saracini. Prevalse nulladimeno all’unione di quelle forze l’ingiuriosa fortuna di Berengario, di che follemente superbo prese il nome di Augusto, e fatto in breve tempo padrone della maggior parte d’Italia, come iniquamente l’havea conquistata, così barbaramente la governava. Egli con orgoglioso Imperio, e con sete inestinguibile d’Oro, e di Sangue, disertando le Case, e depredando le Chiese, anche dopo la Vittoria continuava la Guerra, nullameno crudele, & implacabile co’ Sudditi, che co’ nemici.” In questa sua ricostruzione il Deza si avvale prevalentemente di notizie apprese e custodite dal padre gesuita Gabriele de Aranda nella sua opera sulla vita del cardinale Agostino Spinola, ovvero Immortal memoria en la vida, virtudes, y echos eroico del Eminentissimo Senor Cardenal D. Agustin Spinola, que muriò Arcobispo de Sevilla. Inoltre il Deza non nutre alcun dubbio sulla consolidata credenza che il su accennato Guido Visconte sia il capostipite di molte e importantissime famiglie di Genova. Per attestare tanto, il Deza si attiene all’uniformità delle convinzioni degli storici delle cose genovesi, tutti concordi nel ritenere Guido il progenitore di tante nobili stirpi. Fondamento del suo procedere è inoltre il documento del vescovo Teobaldo del 952, nel quale viene nominato con il proprio nome accompagnato dal titolo di Visconte. Ma vi è di più: la sua tesi si sostiene su una ormai definitiva e inoppugnabile pronuncia di un Magistrato verso la fine del XVI secolo: “…Perché nel 1596, nata controversia per alcune dispense de li Spinola nella Casa, e Banco di S. Giorgio, in rigoroso Giudicio fu da quel Magistrato riconosciuto l’Albero di detta Famiglia, con l’Origine dal medesimo Guido Visconte, e dopo lungo e diligente esame in ogni sua parte approvato. Da tutto ciò risulta, che già per otto Secoli ha goduto questa Famiglia nella sua patria non solo il carattere di Nobiltà, ma con larghissime possessioni i primi e supremi Gradi della Repubblica” (…) Gli esiti di quel conflitto a due è sempre il Deza a fornirceli: “Disponendo dunque Ottone delle cose d’Italia, mutò i registri del governo, e senza riguardo alli Privilegi  stesso, volendo rimunerare i suoi più benemeriti Capitani, esaltò al governo di quella Città Guido Signore de la Marca suo fedel Compagno, e fervido Promotore di quell’Impresa; e oltre i Feudi, che gli assegnò in Lombardia, dichiarollo Visconte della Liguria, Dignità nuovamente succeduta a quella di Conti, costituita già da Carlo Magno, e per lo giro di cento Anni sotto il medesimo Nome continuata.” Il capostipite Guido s’erge dal magma della Storia sebbene le sue azioni non possono essere che registrate come lievi, forse neppure in ombra. Se questo è vero, è altrettanto vero che nessuno ormai può dubitare che egli sia il capostipite di quelle che diverranno le più importanti e influenti famiglie dell’Epoca, le cui tracce sono ancora visibili nello scenario odierno. Il parere degli storici è unanime nel ritenerlo tale e inoltre il suo nome compare con il titolo di Visconte nel famoso Istrumento del Vescovo Teobaldo dell’anno 952, documento di cui già si è fatto cenno. Il Carmeno, in Valle Polcevera. Feudo, luogo sicuro, “Buen retiro” per i fratelli Oberto e Guido, rispettivamente primo e secondogenito di Ido (Guidone) già a quel tempo individuato, riconosciuto come capostite dei Visconti. Momento diverso per gli altri cinque fratelli minori che “lasciando il luogo di Carmeno, con le Famiglie loro, si trasferirono a Genova.” Secondo l’opinione nitida del Deza questi cinque fratelli tanto lustro e splendore donarono alla città di Genova. In generale, quello che emerse durante il vivere di questi personaggi a Genova fu la disposizione d’animo verso gli altri, sentimento che ebbe come risposta l’affetto e un respiro protettivo. In questo senso, le moltitudini sentirono addosso il peso solenne d’un destino. Evidentemente, tra le nuove architetture, il volto mutato di palazzi e vicoli, e il nuovo assetto di governo la vita pareva avere un ritmo più umano. A questo punto è doveroso ricordare come i succitati luoghi altro non siano che lo scenario, la tela originaria e certa per gli incalliti studiosi, di passo fedele lungo i secoli, del ramo della famiglia cognominiatasi Malocello. Figlio di Guidone – il terzo dei sette figli maschi – fu Adolfo con il quale inizia la stirpe dei Malocello. Cosa sappiamo di lui? Dalla prima residenza sul suolo italiano – il castello ad immagine normanna del luogo di Carmeno, fatto erigere dal capostipite, ovvero da suo padre Guidone – egli mosse alla volta di Genova ove potevasi realizzare ogni nobile idealità legata pure alla vita pubblica di quella città. Esclusi il primogenito Oberto e, probabilmente, anche il secondo, Guido, gli altri suoi quattro fratelli, ovvero Corrado (che assunse il cognome Guisolfo), Odoardo e Everardo che mantennero il nome dei Visconti, e, da ultimo Guglielmo, fondatore della celebre famiglia degli Embriachi, si trasferirono con Adolfo a Genova. Sempre seguendo la rotta del Deza, apprendiamo che questi cinque fratelli, ognuno iniziatore d’una propria Famiglia, diedero gran lustro e splendore alla città di Genova. Li vediamo comparire l’uno a fianco all’altro – piu’che come fratelli – tra le mura e i palazzi e i vicoli di Genova in veste di Consoli. E si parla di tre Consoli su quattro mostrandosi nel 1102 sotto tre cognomi diversi di Embriachi, Spinoli e di Carmandini. Esattamente parliamo di Guglielmo Embriaco, di Guido Spinola e Ido de Carmandino.

IDO VISCONTE (GUIDONE), il capostipite, dal quale nasceranno  sette figli:

1) OBERTO VISCONTE → (avrà due figli, BELO e BENEONORATO. Da BELO nascerano GUIDO e OBERTO SPINOLA)

2) GUIDO VISCONTE-CARMANDINO

3) ADOLFO MALOCELLO (o MAROCELLO)

4) CORRADO GUISOLFO (o GHISOLFO)

5) ODOARDO VISCONTE

6) EVERARDO VISCONTE

7) GUGLIELMO EMBRIACO

E ora, infine, citiamo quegli autori del XVII e XVIII secolo che si sono confrontati col tempo e con la storia, raccogliendo frammenti, minute, notizie sparse, aggrappandosi anche alla mai esausta tradizione orale. Le premese sui Malocello differiscono tra i diversi autori.  È il caso, ad esempio, di Federico Federici che nella sua opera Scrutinio della nobiltà ligustica dell’ anno 1640, afferma:  “Per quanto ci sia qualche opinione che li Malocelli discendino da uno de figli di Belo Visconte in questi consorti insieme con li Carmadini come li Spinoli, io costante nella vostra opinione lascerò le congetture e farò fondamento nell’indubitato e certo, e massime che essendo sino dal principio della notitia sono stati i Malocello nemici dei Spinoli e di contraria fatione come principale tra Guelfi poco in simil dubio mi pare che siano un’istess’agnatione, tutto ch’io mi rimetto al vero”. Dal canto suo Agostino Della Cella nella sua opera manoscritta intitolata Famiglie di Genova antiche e moderne, estinte e viventi, nobili e popolari afferma che “Malocelli, o Marocelli come vengono piu’comunemente denominati son nobili et antichissimi Genovesi cittadini di soprafina nobiltà avendo lo stipite loro comune con la nobilissima famiglia delli Spinola, siccome nota il Recco, dicendo che insino dell’anno 952 eran in Genova un tal Fedone o Guidone Visconte che aveva molte possessioni in Polcevera e anche molti figlioli a quali distribuì morendo dette possessioni, dalle quali alcuni di essi presero il nome siccome detto abbiamo parlando di que(i) di Comandino. Altri poi si fecero chiamare Malucelli non si sa perchè benché vi sia opinione essere cio’avvenuto da un qualche soprannome come già usavasi anticamente. Ritennero altri il cognome di Visconte ed altri assunsero il cognome Spinola del padre.” Da ultimo, il frate Giacomo Giscardi risulta di narrazione piu nitida e precisa indicando i Malocello, o Malocelli nella sua opera manoscritta dal titolo Origine e fasti delle nobili famiglie di Genova, edito in Genova nel 1774 , come  “Nobili ed antichi Cittadini genovesi discendenti da Adolfo terzogenito di Guido Visconte dal quale è discesa la Famiglia Spinola, quale Adolfo volle cognominarsi Malocello a distinzione di altri suoi fratelli, da quali discesero altre famiglie distinte, come nei propri luoghi di quest’opera si legge.” La conferma dell’importanza dei Malocello nella storia, già  consacrata negli annali genovesi a partire dall’anno mille e per almeno tre secoli successivi, sarà comunque  data dal viaggio in aperto oceano di Lanzarotto nel 1312, culminato nella riscoperta delle mitiche “Isole Fortunate”, che ha segnato l’inizio della storia moderna dell’attuale Arcipelago Canario e delineato il concetto di “Nuovo Mondo”.